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Eccoci tornate ;P!!!

novembre 24, 2008

un saluto a tutti i nostri lettori!!!!!

Anche se ormai tutti quanti noi studenti ci siamo dimenticati delle stupende vacanze d’estate e attendiamo con impazienza le vacanze di natale (perchè di questa scuola non se ne può più!!!!!), noi vorremmo rendere più unico il nostro blog aggiungendo le bellissime foto scattate in Inghilterra durante la vacanza-studio.

Non scoraggiatevi.. non vogliamo farvi sentire la nostalgia dell’estate, anzi siamo tornate con nuove idee e articoli stupendi..ma non vogliamo svelarvi nulla…

allora, cosa possiamo dirvi?!? BUONA LETTURA a tutti quanti, lasciateci commenti o idee su come potremmo abbellire il blog!!saremo felicissime di potervi accontentare!!!

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Pennuti…spennati!

luglio 10, 2008

Ecco a voi un simpatico corto della Pixar, uscito assieme al cartone animato “Mosters and co”. Carino e spassoso!Guardatelo, poi diteci chi è il vostro personaggio preferito!!!

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Stelle di cannella

giugno 8, 2008

Cover del libroInverno 1932, Germania. Nel tranquillo quartiere di Wilmesdorf vivono due inseparabili amici: David e Fritz. Un profondo legame li unisce, così come per i loro gatti, Koks e Muschi.

Primavera 1933. Vengono promulgate le prime leggi raziali; la vita di David cambia improvvisamente: i compagni lo schivano, per loro, infatti, è diventato un sudicio giudeo.
Ma David non reagisce, David non può reagire, è totalmente disarmato, solo, abbandonato persino da Fritz, quello che era stato il suo migliore amico. La situazione peggiora sempre più: insulti, minacce, sputi, l’espulsione dalla scuola e poi il già fragile mondo in cui David viveva, crolla. Muschi, morta di parto, dà alla luce dei cuccioli, sono neri, proprio come Koks. Sdegnato dalla scoperta Fritz promette di vendicare Muschi, la sua gatta ariana, disonorata da Koks, il gatto giudeo. 

Vigilia di Natale, 1933. David esce di casa; sugli scalini dell’ingresso c’è un fagotto nero, sembra velluto; ma non lo è. Un minuto dopo David è solo, chiuso nella sua camera; a nulla servono le dolci parole di sua madre, che tenta di fargli coraggio, dietro quella fredda porta che li separa: ormai ha perso tutto e un profondo senso di vuoto lo riempie.

Questo è un brevissimo riassunto di “Stelle di cannella”, un libro di Helga Schneider, che ci racconta la storia di David, un bambino come gli altri, la cui vita, però, cambia drasticamente con l’avvento di Hitler e del Nazismo.
Una storia commovente e sincera, in grado di far capire a chi legge cosa significa odiare e amare qualcuno per le sue diversità.

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I diari della motociletta

giugno 4, 2008

La scorsa settimana, a scuola, abbiamo visto un film un po’ particolare. L’obbiettivo era mostarci i bellissimi e variopinti paesaggi dell’America latina e dobbiamo ammetere che questo film con le sue spettacolari riprese ci è riuscito molto bene. Questo però non è l’unico motivo per cui il film ci ha colpito!…Qual era il titolo? I diari della motocicletta.
I protagonisti? Ernesto Guevara de la Serna, laureando in medicina, detto Fuser, e il suo amico Alberto Granado. E’ il 1951, in sella alla “Poderosa”, una Norton Model 18, i due amici partono per uno straordinario viaggio alla volta dell’America Latina. E’ l’inizio di un’epopea che li porterà fin sul Machu Picchu ed oltre, nel lebbrosario di San Paolo in Brasile.

Un viaggio che mostrerà loro la povertà e la miseria in cui vivono le popolazioni latino-americane e che porterà uno di loro in particolare a riflettere sulla necessità di un mondo più equo.

Paesaggi magnifici, laghi addormentati, montagne silenziosi, campi che si perdono a vista d’occhio…Libertà!

Crediamo che valga davvero la pena di guardare questo film, senza pregiudizi sulla vita dei personaggi e su quello che sarebbero diventati dopo questo stupendo viaggio…ve lo consigliamo caldamente! Buona visione!

“Non è questo il racconto di gesta impressionanti. È il segmento di due vite raccontate nel momento in cui hanno percorso insieme un determinato tratto, con la stessa identità di aspirazioni e sogni. Forse la nostra vista non è mai stata panoramica, ma sempre fugace e non sempre adeguatamente informata, e i giudizi sono troppo netti. Forse. Ma quel vagare senza meta per la nostra maiuscola America, mi ha cambiato più di quanto credessi. Io, non sono più io, perlomeno non si tratta dello stesso io interiore”.
                                                                                                       (dal film I diari della motocicletta, Ernesto).

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Il cacciatore di aquiloni

giugno 4, 2008

locandina del film

“Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. È stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto. ” 

Sono queste le prime righe che hanno reso noto il primo successo dello scittore afghano.Tratto dal romanzo “Il cacciatore di aquiloni” scritto dall’autore Khaled Hosseini, il film è uscito nelle sale italiane il 28 marzo 2008. Dal momento che ci aveva particolarmente emozionate il libro, avevamo pensato fosse giusto guardare anche il film; a nostro a parere è stato non meno toccante e sorprendente del libro: la storia di due ragazzini, Hassan e Amir, i protagonisti della vicenda, ci ha mostrato gli aspetti che caratterizzano la società afghana. Di sicuro conosciamo il lato più violento e cruento che ci hanno sempre mostrato i mass media; ma l’Afghanistan non è solo ingiustizia e sofferenza, come tuttavia alcune immagini toccanti del film e le descrizioni del libro ci suggeriscono, è anche speranza di poterlo rendere un paese migliore.

Inviterei tutti i lettori di questo blog a leggere il libro, che è curato nelle descrizioni e soprattutto da modo di potersi addentrare nella cultura e nella storia di un paese che forse ben pochi conoscono , ma che in tanti criticano.

Vi mostriamo alcune immagini del film:

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Pieces of a dream

Maggio 31, 2008

strega…Un odore acre le riempiva le narici, penetrandole fin dentro ai polmoni. Lo respirava senza accorgesene, senza volerlo; eppure provava un gusto particolare a farlo. Davanti a lei tutto era devastato; nulla restava più in piedi del piccolo villaggio. Tutto era desolazione. Un silenzio terrificante regnava tra le macerie, dove solo qualche piccolo focolaio era rimasto acceso; il vento spazzava via il fumo, mentre grossi nuvoloni si riunivano sopra la piccola valle.
Era spaventata, non sapeva dove andare, non c’era più nessuno che avrebbe potuto aiutarla, nessuno che l’avrebbe accolta. Suo padre era stato torturato fino alla pazzia, sua madre bruciata al rogo, accusata di essere una strega, di aver stretto un patto col demonio. Assassini! Loro non avrebbero voluto, ma aveva visto. Aveva sentito le urla di un uomo e una donna disperati, aveva vissuto i loro ultimi momenti. Il rantolo nel petto di suo padre, gli spasmi di sua madre, “la strega” così la chiamavano, costretta a rinnegare le sue menzogne, per abbracciare una verità bugiarda e meschina. Sentiva le loro urla giù, nell’ombra delle segrete, un attimo prima; poi, la condanna sulla pubblica piazza, davanti ad una folla urlante di gente. Quante volte le avevano raccontato dei roghi, di quanto fossero crudeli, di quanto la gente, pur essendo profondamente disgustata, accorreva a vederli; -Sono come vampiri- diceva sempre suo padre,- orrende creature, assetate di sangue e di sofferenza-. E lei lo aveva visto.

Quando sua madre era stata legata in cima ad una piattaforma sul lago, erano giunti da tutto il distretto per vederla. Migliaia di persone quella notte avevano ammirato lo spettacolo; la gente aveva assistito eccitata al falò. Era stata eretta una grande pira e in cima c’era sua madre: i capelli neri le volavano al vento, per un’istante riuscì a sentirne persino il profumo: biancospino. Poi era successo qualcosa di grande e terribile, un uomo aveva acceso la pira, essa aveva preso fuoco, e con lei sua madre. Il suo cuore aveva smesso di battere, piangeva e urlava, ma nessuno la sentiva; tutti erano immobili, stupiti. Sua madre si contorceva ed urlava, gridava il suo nome, ma lei non era lì, non l’avrebbe mai più rivista. Le fiamme l’avevano avvolta tutta. I più vicini dissero di aver visto l’orrendo volto della megera liquefarsi come cera, e ridevano. Lei sentiva e piangeva convinta che un giorno, in qualche modo, avrebbe avuto la sua vendetta…

Vi è piaciuta la nostra storia? Sì? allora, cosa aspettate? Commentatela e fateci sapere!!!

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“Mille splendidi soli”

Maggio 30, 2008

Una volta Nana le aveva detto che ogni fiocco di neve era il sospiro di una donna infelice da qualche parte del mondo. che tutti i sospiri che si elevano al cielo, si raccoglievano a formare le nubi e poi si spzzavano in minuti frantumi, cadendo silenziosamente sulla gente. “A ricordo di come soffrono le donne come noi-aveva detto- di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso”.

Questa è una delle frasi più signficative e profonde contenute in “Mille splendidi soli”, un libro di Khaled Hosseini, già noto ai lettori di tutto il mondo, per il grande successo ottenuto dal primo libro  “Il cacciatore di aquiloni”.

\Due donne: Mariam e Laila, destini apparentemente differenti destinati a incontrarsi, in un intreccio di fatti personali ed eventi storici, sullo sfondo dell’Afghanistan dagli anni settanta ad oggi. Una storia nella storia per spiegare la tragica evoluzione di un Paese, culla di una delle più importanti civiltà del passato, caduto nelle mani di un regime crudele ed ingiusto, violento ed oppressivo con cui giorno dopo giorno le nostre protagoniste dovranno confrontarsi.

E da questa realtà spicca in particolar modo la figura di Mariam che solo grazie all’ncontro con Laila trova il coraggio di opporsi all’ingiustizia della sua vita, divenendo fautrice del suo destino. Così prende la decisione definitiva: sacrificare se stessa per salvare Laila e i suoi figli.

Questo  diventa quindi per tutte noi donne un meriviglioso esempio, perchè, cercando dentro di noi, possiamo trovare di certo una Mariam.

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La nuova voce dell’Afghanistan

Maggio 27, 2008

Quante persone ogni giorno combattono strenuamente per rendere un po’ migliore questo mondo?
C’è chi lo fa imbracciando le armi, e non possiamo dire sia giusto, c’è chi lo fa cantando e ,infine, c’è chi lo fa scrivendo, come Khaled Hosseini, che, con ben due libri campioni di incassi, ha incantato il mondo, mostrando che anche in un paese come l’Afghanistan, travagliato da decenni di guerre civili, c’è ancora  una speranza. Ed è questo potentissimo sentimento che anima i personaggi dei suoi libri: “Il cacciatore di aquiloni” e “Mille splendidi soli”. Due libri, due storie, due volti per un Afghanistan che ha voglia di ricominciare a vivere.

Qui, di seguito aggiungiamo l’intervista rilasciata dall’autore e prossimamente poterete leggere i nostri commenti, le nostre impressioni sui libri.  

Khaled Hosseini: La mia voce per chi non ha voce

Intervista di Luciano Minerva

Ha un’aria tra incuriosita e guardinga Khaled Hosseini quando posa per le foto sotto il cartellone del film in uscita in Italia e concede le interviste sotto l’ala protettiva della produzione americana del film tratto dal suo libro, “Il cacciatore di aquiloni”. Sembra che davanti alle macchine fotografiche e alle telecamere metta una sua controfigura e lui stia lì a guardarsi dall’esterno, come non fosse ancora entrato nella parte dell’autore di successo. Poi, nel corso dell’intervista, quest’atteggiamento si scioglie e si spiega. È come fosse ancora stupito degli eventi della sua vita, di quel binario (è lui a usare questo termine) che da Parigi l’ha portato negli Stati uniti, poi a fare il medico e poi lo scrittore. Con quello che ne è seguito. Consapevole dell’unicità di questa vicenda, è diventato portavoce di chi la voce non ce l’ha, di quei milioni di profughi che la storia dell’Afghanistan (o la storia più vasta che ha al centro l’Afghanistan) ha lasciato senza casa e disperso.

Il suo secondo romanzo, “Mille splendidi soli”, anche più bello e toccante del primo, è nato dal viaggio nel suo Paese natale che Hosseini ha fatto dopo il successo inatteso del suo libro d’esordio. Le voci e le storie che ascolta, raccoglie e trasforma in racconto sono quelle che la cronaca ignora. E parlando con lui è come se anche queste affiorassero.

Lei ha lasciato l’Afghanistan da bambino, poi è diventato scrittore ed è tornato in Afghanistan. Che effetto le ha fatto questo ritorno nel suo Paese?
Sono tornato in Afghanistan dopo 27 anni. L’ho lasciato a undici anni e sono tornato a trentotto. E mi sono sentito davvero come Amir che dice: “Mi sento un turista nel mio paese”. Anch’io ho provato questa sensazione. 27 anni sono un periodo molto lungo. In quegli anni l’Afghanistan è stato in guerra con i sovietici, ci sono stati gli anni terribili delle lotte tra mujaheddin, i Talebani, l’11 settembre, e così via, cambiamenti enormi, così quando sono tornato, da una parte mi sentivo come Amir nel libro e nel film, nel senso che tornando a casa riconoscevo i quartieri, la gente, la musica. C’è una scena in cui Amir dice “Questo luogo ha lo stesso odore che aveva un tempo”. D’altra parte i luoghi erano cambiati molto e io stesso ero cambiato tanto che sarebbe stupido fingere di essere ancora la persona di un tempo e di fare ancora parte di questo contesto. Mi sono sentito davvero un outsider quando sono tornato in Afghanistan, anche se allo stesso tempo sentivo che stavo tornando a casa. Dunque è stata una sorta di esperienza schizofrenica. Le persone che incontravo a Kabul non mi facevano sentire un estraneo, si sono aperte, hanno chiesto della mia vita, mi hanno accolto bene e non con antagonismo, come mi aspettavo. ma io non ho mai fatto finta di essere parte di questo contesto, perché in realtà non lo sono.

Il passato si aggrappa con gli artigli al presente. Sono 26 anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Il tema del rapporto col passato che è sempre presente nei suoi libri. Che rapporto c’è tra passato e presente?
In effetti, sono affascinato dall’idea che qualcosa che fai oggi avrà ripercussioni profonde sulla persona che sarai e sulle persone che ti saranno intorno tra venti o trent’anni. È un po’ come lanciare il sasso nell’acqua e osservare i cerchi concentrici che si allargano. Nel Cacciatore di Aquiloni c’è quel momento nel vicolo in cui Amir deve fare una scelta e lui sceglie di scappare via. E per tutta la vita si chiede se con una scelta diversa, forse non solo la sua vita, ma anche la vita di Hassan si sarebbe svolta in modo diverso. Penso che una delle ragioni per cui questo tema mi affascina tanto sia perché parte della mia stessa vita sembra si sia svolta come il risultato di situazioni apparentemente del tutto casuali. Per capire la persona che sono oggi devo tornare indietro di trent’anni, e rivivere cosa è successo per esempio negli anni ‘70, quando mio padre fu trasferito a Parigi per tre anni. Lui faceva il diplomatico e pensavamo di stare lì solo tre anni per poi tornare a Kabul. Ma quando eravamo a Parigi i sovietici invasero l’Afghanistan e improvvisamente la violenza avvolse il paese e dunque noi non potevamo tornare. Così prima andai in Francia, poi negli Stati Uniti, e lìho studiato e sono diventato un medico, poi uno scrittore di romanzi, e adesso sono qui a farmi intervistare da lei. Ma mi chiedo, per esempio, cosa sarei stato se fossi stato a Kabul durante l’invasione sovietica? Probabilmente sarei stato reclutato nell’esercito afgano, avrebbero potuto mandarmi a combattere i mujaheddin, essere ucciso o uccidere qualcuno e la mia vita avrebbe avuto un corso completamente diverso. Sono affascinato da questa idea di come nella vita da un momento all’altro le cose possano cambiare completamente. I binari si incrociano, due treni si trovano a pochissima distanza l’uno dall’altro, ma basta poco perché uno giunga a Parigi e l’altro dalla parte opposta. Mi interessa analizzare il modo in cui gli eventi possano avere effetti a lungo termine.

“Voglio avere indietro la mia storia” dice uno dei suoi personaggi. Appare più volte il tema del rimpianto. Quanto è forte per lei questo tema?
Il rimpianto è il sentimento che prova il personaggio ma c’è qualcosa di più. Io penso che l’aspetto piùimportante sia che questi personaggi non sono perfetti. Sento un trasporto per i personaggi “imperfetti”. Amir, per esempio, è una persona tutt’altro che perfetta. Nonostante ciò, almeno è ciò che mi auguro, il lettore riesce a provare per lui comprensione, solidarietà. Anche se commette azioni riprovevoli, cose obiettivamente terribili, il lettore – credo – continua a provare comprensione per lui come essere umano, desidera che diventi una persona migliore. Penso che sia per la natura imperfetta del personaggio. Per esempio, il padre di Mariam in Mille splendidi soli, rimpiange il fatto di non aver abbracciato sua figlia. Questo perché è un uomo imperfetto. L’idea di personaggi perfetti, di persone senza difetti, non è molto interessante.

Per un attimo ho considerato l’idea di scrivere Il cacciatore di aquiloni dal punto di vista di Hassan, ma lui è talmente intriso di bontà, purezza, integrità, che a 35 anni è ancora esattamente la persona che era a 12. Dunque è una gran persona e probabilmente qualcuno che vorrei avere come amico, ma non ho ritenuto che potesse essere un buon personaggio come personaggio centrale di un romanzo. Per questa ragione ho scelto Amir, e quando questo personaggio commette degli errori e compie determinate azioni, la naturale conseguenza è che se ne pentirà crescendo e ripensandoci razionalmente. Bene, io credo che sia un sentimento umano e universale, credo che lei abbia molti rimpianti nella vita, come me del resto. Tutte le persone che conosciamo hanno fatto cose in passato per cui vorrebbero tanto tornare indietro e cambiarle. Questo fa parte del processo dell’invecchiare, fa parte del processo di vivere e in sostanza del nostro essere umani.

Penso che sia molto umano commettere errori e fare cose di cui poi si ha vergogna, cose di cui in seguito ci si pente. Credo che questo sia un altro aspetto in entrambi i libri che coinvolge il lettore perché il lettore molto probabilmente ha vissuto un’esperienza molto simile e quando ritrova questi aspetti nei miei personaggi, li capisce e ci si immedesima.

“ Se fossi stato il regista di un film indiano sarei uscito correndo a piedi nudi, ma non ero in un film indiano.” È un pensiero di Amir, ma è una delle tracce che il cinema ha nella sua narrativa. Adesso come vive il fatto che un suo libro sia diventato un film?
Ho una lunga storia d’amore col cinema. Sono cresciuto col cinema quanto con i libri. Fin da piccolo ho visto ogni genere di film Perciò quando da Hollywood mi hanno detto che volevano ricavare un film dal Cacciatore di aquiloni la mia reazione iniziale non è stata di sospetto: “Oh, mi rovinano il romanzo. Semmai non vedevo l’ora di sapere che idee avevano, cosa avrebbero fatto. Il mio approccio alla versione cinematografica è stato diverso da quello della maggior parte degli scrittori, che di solito sono molto protettivi detestano che ci siano cambiamenti nelle loro storie. Ho sempre saputo che il cinema è per sua natura un medium diverso dai libri. So che parti su cui hai lavorato a fondo e amato nella scrittura del libro non saranno nel film ma sapevo anche che il potere delle immagini dei film non può essere a sua volta tradotto in parole. È uno scambio. La mia reazione quando ho visto il film è stata di orgoglio È un film sul mio paese, sulla mia gente, ci sono attori afgani sullo schermo, si usa la lingua dari, musica afgana, Per me e la mia comunità è un momento di spartiacque culturale, non è mai accaduto prima. Poi quando ho visto il film volevo vedere i miei personaggi nel film, volevo riconoscerli. Sapevo che certe cose sarebbero state diverse, ma lo spirito, il viaggio emotivo del romanzo, le emozioni intense volevo fossero conservate e il regista Marc Forster ha fatto un ottimo lavoro e lo stesso film è una bella esperienza emotiva.

Pensa che si riuscirà a vederlo in qualche modo in Afghanistan? Purtroppo il film non sarà distribuito in Afghanistan perché il film e il libro trattano temi che sono seri, rilevanti, importanti, e reali ma che sono ancora argomenti tabù nella società afgana oggi. Non sono sorpreso ma mi dispiace Probabilmente la gente li vedrà in copie pirata di Dvd. Penso che il film avrà lo stesso tipo di reazioni che ha avuto il libro, cioè molti lo ameranno perché riconosceranno i loro problemi, la ,oro cultura le loro tragedie. Ma con il film non sarà lo stesso, non perché le cose che si vedono non sono reali, ma perché sentono che non se ne può parlare. la prospettiva del libro e del film è di affrontare temi di cui non è facile parlare, sono cose che ci dividono, spero che prima o poi ci sia una specie di “prima” del Cacciatore di aquiloni in una sala cinematografica anche in Afghanistan, ma non è una cosa di oggi.
La battaglia degli aquiloni è raccontata molto bene nel film oltre che nel libro. Che rapporto c’è tra il rito della “battaglia degli aquiloni” e il clima che si vive oggi in Afghanistan.
Penso si tratti di una gara esattamente come è una gara il football. Si potrebbe sostenere che lo stesso football è una specie di guerra. Ogni forma di competizione può sfociare in una battaglia. Nella tradizione afgana era una sorta di rito di passaggio, una fase nella crescita di un ragazzo in Afghanistan. Un’immagine indelebile della mia infanzia, un’immagine centrale nei miei ricordi dell’Afghanistan sono proprio gli aquiloni, che hanno plasmato i miei giorni, insieme ai miei fratelli, i miei cugini, ciò che facevamo nelle gare in inverno. Non erano solo gli aquiloni, non era solo la gara, ma il senso di cameratismo, l’essere uniti nel gioco. È stato davvero qualcosa di molto speciale. Ma la battaglia degli aquiloni è una tradizione antica, un gioco che si è fatto per tanto tempo e gli Afgani sono dotati di spirito competitivo. Amano il football, amano le battaglie di aquiloni, la boxe, il wrestling. C’è questa tradizione di essere soldati, una sorta di spirito tribale che li spinge a essere competitivi e tenaci. Fa parte del DNA afgano. Io penso che le battaglie di aquiloni riflettano questo spirito.

Sia nel libro che nel film ci sono tracce di sangue in più occasioni. Le tracce di sangue dopo la violenza su Hassan, delle teste di agnello e così via. Ha un qualche significato o è casuale?
Non posso dire che le tracce di sangue abbiano un particolare significato. Talvolta c’è un’immagine e si lascia che parli da sola e che le persone si facciano un’idea per conto proprio, che ci sia o no un evidente messaggio da comunicare. Ma è vero che nel film Marc ha introdotto diverse sequenze di sacrifici, le teste di agnello, eccetera… Quello che Hassan fa nel vicolo è sacrificare se stesso. L’idea è quella di sacrificare se stesso per salvare qualcun altro e questo è essenzialmente ciò che accade in quel vicolo. Dunque ci sono delle immagini che hanno a che fare con questo tema, con questa simbologia, ma probabilmente non sono così acuto come lei mi descrive. Ci sono delle cose che possono sembrare intenzionali, ma in realtà molte non lo sono.

Lei è tornato in Afghanistan e ha raccolto molte storie di donne per il suo secondo libro “Mille splendidi soli”. Come è stato possibile arrivare a queste donne e farsi raccontare queste cose così profonde e intime?
Le storie che mi sono portato dietro dall’Afghanistan su quello che avevano vissuto le donne penso e spero mi abbiano aiutato a creare un ambiente autentico, credibile e convincente, coerente con ciò che stava accadendo da un punto di vista storico in Afghanistan. Ma in realtà raccontare i personaggi femminili ha significato per me mettermi al loro posto. E mi ci è voluto molto tempo perché sono stato ossessionato per un anno dall’idea di scrivere questo romanzo. Non facevo che pensare al fatto che dovevo mettermi nei panni di queste donne. Dovevo riuscire a immedesimarmi nelle loro vite. Dovevo sentire esattamente cosa significa essere una donna in Afghanistan e dovevo stare dentro di loro e stare nella loro pelle per sapere esattamente come ci si sente. Perché solo così potevo scriverlo. E più facevo tentativi, più mi preoccupavo del fatto che la mia scrittura non suonasse convincente, non autentica, più la scrittura era impacciata. Sono arrivato a un punto in cui mi sembrava veramente inadeguata. Alla fine però sono sempre giunto a soluzioni semplici, anche se molto difficili da trovare. Quando trovi la soluzione dici, ah certo, era così semplice! Per me credo il momento critico, lo spartiacque, è stato quando ho deciso di liberarmi da questa ossessione e di considerare i personaggi semplicemente come delle persone e non come le “donne afgane”. Il che ha significato comprendere di cosa hanno paura, cosa vogliono nella vita, quali sono i loro sogni, le loro speranze, quali le delusioni, le frustrazioni, perché loro sono prima di tutto persone e mi sono reso conto che se capivo il loro cuore, la loro essenza, chi sono veramente come persone, solo allora sarebbero apparse convincenti.

Una volta entrato in sintonia con queste persone , una volta comprese le loro motivazioni, non necessariamente come donne ma come persone, tutto è diventato più semplice e improvvisamente quando ho riletto le pagine non ho più sentito la mia voce venir fuori dalla bocca di queste donne, ma improvvisamente ho sentito che parlavano con la loro voce ed erano diventate indipendenti da me e quello è stato il momento in cui per me il manoscritto è veramente cambiato.
Lei parla degli orfanotrofi in entrambi i libri e ha vissuto l’esperienza dei campi profughi. Che cosa le ha lasciato e come l’ha cambiata questa esperienza?
È qualcosa che ti cambia la vita perché una cosa è leggere di queste cose sui giornali, per esempio che otto milioni di afgani sono stati costretti a vivere all’estero da rigufiai durante la guerra e che così tante persone hanno perso la casa. Una cosa è leggerlo o vederlo al telegiornale, un’altra cosa è andare lì, andare a trovare queste persone, stringere loro la mano, sedersi accanto a loro e ascoltare le loro storie, sentirle raccontare in prima persona. È un’esperienza davvero toccante. Quando sono stato in Afghanistan e ho incontrato i profughi afgani e ho visto persone che erano tornate ma non avevano una casa, non avevano assistenza sanitaria, nessun lavoro, non avevano scuole, e vivevano in assoluta povertà, una delle cose di cui mi sono reso conto e che più mi ha colpito è che queste persone non hanno voce. Chi parla per questi profughi afgani? Non voglio dire che quella voce possa essere la mia, in alcun modo, ma mi aiutato a dare una direzione alla mia vita e ho potuto apprezzare l’opportunità che mi era stata data con il fatto che i miei romanzi sono letti da tante persone in tutto il mondo, per cui bene o male molti mi associano all’Afghanistan. Dunque io ho l’opportunità di usare la possibilità di accedere ai media per dare voce a queste persone che non hanno voce. Così in un certo senso presto loro la mia voce. Ci sono milioni di persone in Afghanistan che hanno bisogno di aiuto, che vivono in un paese il cui governo non fornisce neanche i servizi essenziali. Questo mi ha aiutato a formare la mia stessa identità, mi ha dato una direzione, un obiettivo. Per questo mi auguro di continuare a lavorare come portavoce, come difensore dei profughi di tutto il mondo, ma in particolare per i profughi afgani.

In “Mille splendidi soli” parla di un gioco che la piccola Mariam fa con dei sassolini per rappresentare la sua condizione di “bastarda”. Ce ne può parlare?
Entrambi i libri possono essere riassunti come storie di persone salvate dal senso di appartenenza e dall’amore. C’è una terribile solitudine nella vita di Mariam, che vive in una capanna con sua madre, a cui lei sente di non appartenere.

Lei fa questo gioco, usando un ciottolo per ogni fratellastro e sorellastra, che sono i figli legittimi di suo padre, socialmente accettati. Mette tutti i sassolini da una parte e ce n’è uno isolato che sarebbe lei. In effetti lei vive fisicamente lontana da tutti gli altri e si sente emotivamente isolata e estraniata. La cosa interessante per me è stato raccontare la storia di questa persona così sola, il suo semplice bisogno di appartenere a qualcuno, di trovare amicizia, di contare qualcosa nella vita di qualcuno, e fare in modo che i suoi sogni semplici fossero il motore di tutto il romanzo, fino alla fine quando lei può guardarsi indietro e dirsi “anche se sembravo essere una persona irrilevante, alla fine ho fatto qualcosa, ho contato qualcosa per qualcuno”. Scrivere quei passi mi ha davvero commosso.

 

 

 

 

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sum 41

Maggio 27, 2008

Still waiting liveWith me

La prima canzone è tratta dal cd “Does this look infected?” e si intitola “Still Waiting” e la seconda invece dal cd, uscito nel 2008, “Underclass Hero” dal titolo “With Me”….

Loro sono i Sum 41, un gruppo di origini canadesi. La band è formata da quattro componenti Deryck “Bizzy D” Whibley (voce principale, chitarra, tastiere e pianoforte), Jason “Cone” McCaslin (basso e voce secondaria), Steve “Stevo32” Jocz (batteria e voce secondaria).

Questo gruppo musicale canadese ci ha subito colpito entrambe… le loro canzoni sono come una scarica elettrica….un misto tra la spensieratezza dei Green day (altro fantastico e non meno conosciuto gruppo) e i toni forti, più aggressivi degli Iron Maiden…

Il sito ufficiale è www.sum41.com, in italiano invece esiste un sito amatoriale: sum41bycello.altervista.org!!!
\L’immagine dell’ultimo cd “Underclass Hero”!!!

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Persepolis

Maggio 27, 2008

29 Febbraio 2008. Nelle sale italiane esce Persepolis, il film-animato ispirato dall’omonimo graphic novel scritto ed illustrato da Marjane Satrapi.
La maggior parte di voi di certo avrà pensato ad un altro film per bambini…be’ ci dispiace ma vi siete sbagliati!
Marjane da bambina.Theran. Marjane, poco più che bambina, ha un sogno, quale? essere il nuovo profeta e guidare il suo popolo fuori dal regime degli scià….poi, la bambina cresce e diventa una giovane adolescente, che ascolta gli Iron Maiden, gira per le strade di una Theran in forte cambiamento, indossando scarpe americane e una giacca con la scritta “punk is not ded”, partecipa con la madre a cortei in favore dei diritti delle donne.
In poco tempo scopre sulla sua pelle che il nuovo regime non è poi tanto migliore di quello degli scià.
I tempi peggiorano e Marjane viene mandata a Vienna, dove studia presso il Liceo Francese. Dopo le sue avventure austriache, la giovane decide di tornare a casa; qui inizia a studiare belle arti al liceo di Theran. I continui interventi delle guardie della rivoluzione nella vita sua e delle sue compagne e il terribile stato della sua famiglia, però, la spingono alla protesta e, poco tempo dopo, a partire per Parigi, dove tutt’ora vive.

Questa è la trama di Persepolis, questa è la storia di una bambina, che diventerà una giovane donna sicura di sè e delle proprie idee; è la storia di un paese, l’Iran, e di migliaia di oppositori al regime degli scià che videro le loro speranze vanificate dalla violenza, a volte, e dalla ristrettezza di quel nuovo regime che loro stessi avevano sostenuto e desiderato.
Ma Persepolis non è solo questo…Persepolis è anche una storia che deve far riflettere, spronando noi Occidentali, che viviamo nelle nostre “tiepide case”, ad avere il coraggio di far sentire la nostra voce di fronte alle ingiustizie di un mondo, che ci chiede sempre meno di pensare!
Questo è il trailer in italiano del film: